26 impiegati e 8 interinali. Il personale della ex Autorità portuale di Salerno sta vivendo, da almeno tre mesi, uno stato di profonda incertezza. Da quando l’ente giuridicamente è stato soppiantato dalla più vasta Autorità di Sistema del Tirreno Centrale, loro continuano a timbrare il cartellino nella sede di due piani (il terzo e il quarto) di via Roma – palazzo Camera di Commercio – occupata dal 3 ottobre 2016 ed a lavorare con passione guidati dal segretario Gino De Luise, il più alto in grado dopo la fuoriuscita, per scadenza naturale, dell’ex Presidente Annunziata. Ma sentono la spada di Damocle della ‘riorganizzazione, razionalizzazione e semplificazione della disciplina concernente le autorità portuali…’ così come disciplinata dalla legge 124 del 7 agosto 2015 che, in Campania, ha trovato concreta attuazione nel gennaio 2017 con l’istituzione della Autorità di Sistema portuale Tirreno Centrale: a regime Salerno dovrà essere sede di una direzione portuale retta o dal segretario AdSP o da uno tra i dirigenti dell’AdSP. Fatti salvi gli stipendi (comunque al sicuro), tutto dovrebbe quindi essere già chiaro ed ognuno dovrebbe sapere in che ruolo (e dove) sarà impegnato nei prossimi anni. Così invece non è perché, intanto, la Regione Campania in punta di diritto ha richiesto la proroga dell’autonomia amministrativa e gestionale che, nelle more degli ultimi due appuntamenti elettorali, ha prodotto (finora solo ufficiosamente) un solo anno di concessione. E’ la montagna che partorisce il topolino: per un verso la richiesta triennale era giustificata dalla necessità di gestire da Salerno bandi e lavori di completamento in essere; dall’altro la concessione minima appare già un’enormità per come, all’indomani dell’esito referendario e dello tsunami politico che ha investito Renzi, si sono frantumati i rapporti tra un ministro improvvisamente forte (Delrio) ed un presidente improvvisamente capro espiatorio (De Luca). De Luca che, per la verità, per tutto il 2016 non era sembrato strapparsi le vesti nella difesa dell’autonomia di Salerno, preferendo passare la patata bollente nelle mani del fidato Bonavitacola che dati i presupposti (a quel punto si poteva solo rincorrere, non più governare il processo) ha comunque ottenuto un discreto risultato. La proroga con le relative modalità di applicazione (quale governace? Che tipo di autonomia sostanziale in tema di scelte amministrative, finanziarie organizzative?) dovrà essere cristallizzata nel Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. DPCM che finora non c’è fermo, a quanto pare, alla Corte dei Conti per la registrazione. Empasse che non sblocca nemmeno l’approvazione del bilancio e, quindi, l’ordinaria gestione finanziaria ed amministrativa dell’ente. Sul tavolo c’è, invece, la spinosa questione relativa alla armonizzazione delle concessioni (iter e tempi diversi tra Salerno e Napoli).
Un risultato, buono, Salerno l’ha comunque portato a casa: è riuscita a blindare il Piano Regolatore Portuale, approvato in Consiglio comunale a maggio 2016. Il PRP è risultato vincolante per la nuova AdS (successivamente istituita) che lo ha quindi recepito e di cui ha tenuto conto nel Piano Operativo da 141 milioni approvato il 3 marzo. Proprio rispettando quanto sancito nel PRP a Salerno sono stati destinati 73 milioni per il completamento di Porta Ovest, l’allargamento della imboccatura, la realizzazione di un nuovo terminal traghetti per traffico ro-ro ed il dragaggio. Per le opere non in corso a bandire le gare sarà la AdSP in qualità di stazione appaltante.