Donato Cosimato nasce a Salerno il 13 dicembre 1980 in una famiglia borghese. Trascorre la sua prima giovinezza in maniera impegnata e serena frequentando la scuola Media T.Tasso e trascorrendo gran parte del suo tempo libero presso l’Oratorio dei Salesiani nel rione Carmine. Di seguito continua il suo percorso formativo presso il Liceo Scientifico G. Da Procida.
Inizia a maturare grande interesse per lo sport, praticando con lodevoli risultati calcio, tennis e windsurf e seguendo assiduamente la Salernitana, la squadra di calcio del cuore. Adora il mare della sua Salerno, sia d’estate (calmo e caotico) che d’inverno (mosso e solitario).
Ultimato il ciclo degli studi liceali, s’iscrive all’Università degli Studi di Salerno, ove nel 2002 consegue la laurea di Primo Livello in Ingegneria Civile per l’Ambiente ed il Territorio. Di seguito, sostiene uno stage di formazione professionale presso l’Agenzia Regionale per la Protezione del Territorio – ARPAC, Salerno.
Continua gli studi universitari ottenendo, nel 2005, il diploma di Laurea di Specialistica in Ingegneria Civile per l’Ambiente ed il Territorio, elaborando la sua tesi di Laurea in Idraulica Marittima. Successivamente puntella la sua formazione professionale frequentando uno Stage presso il Centro di Ricerche ENEA di Portici (Na). Contestualmente ottiene l’abilitazione all’esercizio della professione e s’Iscrive all’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Salerno.
Inizia a viaggiare scoprendo un innato spirito d’avventura ed un forte interesse per tutto ciò che “etranger”. Gli usi, i costumi, le tradizioni, le abitudini alimentari, la movida, le convezioni architettoniche, il background storico dei Paesi stranieri lo affascinano. In particolare predilige il “disordine-ordinato” ed il “caos affettivo ed emozionale” dei Paesi a sud del globo, rispetto all’ordine ed alla riservatezza dei Paesi nordici. L’approccio con il mondo del lavoro è tuttavia complicato, perfettamente in linea con la precarietà che contraddistingueva il periodo: frequenta uno studio d’ingegneria salernitano, poco distante da piazza S.Francesco, iniziando ad apprendere le regole ed i segreti della sua professione.
Di seguito, entra in contatto con gruppo imprenditoriale polisettoriale operante sia in Italia che all’estero. Inizialmente si occupa della progettazione e direzione lavori di impianti per la generazione di energia elettrica da fonti rinnovabili (eolico, idroelettrico, fotovoltaico e biomassa). S’impegna a fondo, apprende in fretta e la sua “caparbia costanza”, non passa inosservata. La nuova realtà lo affascina; la prospettiva di lavorare all’estero e di specializzarsi in settori professionali istituzionali è un’attrattiva molto forte per un “ragazzotto” di 25 anni che potrebbe condurlo ad entrare in contatto con personalità e professionisti rinomati. Il giovane ingegnere inizia ad avere le prime gratificazioni professionali, cui tuttavia non bada, essendo motivato a spingere l’asticella sempre più in alto. Riprende a viaggiare, questa volta non più per diletto bensì per lavoro.
A seguito dell’involuzione economica, sociale e politica che la nostra nazione viveva all’epoca, della monotonia, di qualche ordinaria delusione e di quell’impulso che lo spinge a non fermarsi, prende atto che Il contesto locale inizia davvero a stargli stretto, quasi ad opprimerlo.
Alla fine del 2006 gli capita l’opportunità che stava aspettando. Gli viene prospettato un incarico professionale gratificante dal punto di vista remunerativo ma molto impegnativo sul piano lavorativo: dirigere degli studi di fattibilità per l’elettrificazione di aree rurali in Africa.
Si Tratta di una sfida, di quelle che piacciono a lui: senza pensarci due volte, a soli 26 anni, accetta e si prepara a partire per la Repubblica Democratica del Congo, un Paese che fino ad allora aveva sentito nominare solo nei documentari del National Geographic. Tuttavia la sua nuova esperienza lavorativa, per esigenze tecniche e logistiche inizia da Kigali, la Capitale del Ruanda, minuscolo Paese dell’Africa Centrale, noto alle cronache soprattutto per il genocidio tra le etnie Hutu e Tutsi avvenuto circa un decennio prima, che determinò oltre 1 milione di vittime e ad altrettanti sfollati. La realtà in cui si trova catapultato è difficile, quasi ostile per un giovane musungu (dal Swahili, uomo bianco) come lui. Dopo un breve periodo di acclimatamento inizia a familiarizzare con persone cosi differenti da lui, e quella realtà che fino ad allora non aveva mai considerato, inizia a far parte del suo quotidiano e del suo nuovo mondo.
Dopo una serie di missioni istituzionali per l’internazionalizzazione del Made in Italy, effettuate nei Paesi Limitrofi (Burundi, Bujumbura – Uganda, Kampala e Repubblica CentroAfricana – Bangui), arriva finalmente in Repubblica Democratica del Congo, il Paese che sarà la sua sede lavorativa permanente.
Non vi entra dalla porta principale bensì da quella di servizio, la più insidiosa ed oscura. Traversa il Ruanda in auto, fino alla frontiera con la RD Congo, destinazione Goma, sull’incantevole lago Kivu, ai piedi del vulcano attivo Niyangoro. Di qui, a bordo di un Piccolo Aereo ad Elica “Petit Porteur”, atterra a Beni, nel mezzo del massiccio del Rwenzori, nella Rift Valley africana, a qualche chilometro di distanza dal confine di Stato con l’Uganda. Il contesto è a dir poco ostile, trattandosi di un territorio preda di milizie rivoluzionarie (rif. Mayi – Mayi) che non vogliono intrusi, incutendo terrore al fine di gestire il monopolio dei minerali preziosi, di cui la regione è ricca. L’elettrificazione, cosi come la distribuzione idrica sono del tutto inadeguate: passa diverse notti illuminato dal solo bagliore di qualche candela. Tuttavia, il paesaggio è incantevole, la flora e la fauna incontaminate, il clima, pur essendo poco distanti dall’equatore, ma ad un’altitudine media di quasi 1.700 metri, è dolce e ventilato. Il giovane ingegnere si mette all’opera, lavora duro, fa la spola giornaliera dal quartier generale sino a giungere presso i diversi siti di studio, percorrendo strade sterrate al limite del praticabile ma sempre con gli occhi rivolti ad ammirare il paesaggio. Resta molto colpito dalla moltitudine di bambini che popolano i villaggi costituti da accozzaglie di capanne in paglia e fango, che vengono fuori a rendergli omaggio al suo passaggio: intendiamoci, non per il suo rango o la sua valenza professionale ma per la rarità del suo colore della pelle e forse per la sua giovane età.
Ultimata la campagna di misure in loco, lascia la “Brouse” per partire alla volta di Kinshasa, la capitale, raggiungendo quella che diventerà la sua città “adottiva”. Kinshasa è un contesto totalmente opposto a quello cui era stato abituato in Italia o quell’Africa che aveva assaporato sin a quel momento . Si tratta di una metropoli immensa, da quasi 12milioni d’abitanti, che si adagia sulla sponda sinistra del mastodontico fiume Congo. La parola d’ordine che balza alla mente, già percorrendo la strada che dall’aeroporto conduce in centro città è: caos. Una moltitudine di persone si fanno largo ai margini delle strade schivandosi vicendevolmente, tra le lamiere delle baracche dei dettaglianti: l’ordine ed il rispetto sono una chimera. Bus Mercedes 207, di quelli che in Italia si vedono solo nei film d’annata, ammassati sino all’inverosimile di anime. Traffico infernale, caldo umido da far sciogliere i vestiti sulla pelle, l’odore inconfondibile delle radici di manioca tritata a rendere il contesto unico…
La nuova sede lavorativa, che lo accoglierà per circa un quinquennio , è ubicata nel quartiere Gombe, il centro direzionale della metropoli. Si tratta di una città nella città: hotel extra-lusso, ristoranti rinomati, night clubs, edifici pluripiano di nuova costruzione che spuntano come funghi, il tutto alimentato da capitali Esteri di dubbia provenienza. Affitti delle residenze e degli uffici alle stelle, prezzi al consumo paragonabili a quelli delle grandi capitali europee, rendono questi quattro chilometri quadrati tra i più cari del continente africano. Più ci si allontana da questa isola felice, più il degrado e le condizioni di vita implodono sino a giungere alla periferia estrema dove la povertà e la desolazione regnano sovrane.Qui non è più chiamato più “musungu” bensì “mundele” (dal Lingala, uomo bianco); la diffidenza ed il diniego verso il diverso, anche cambiando regione, restano gli stessi.
Dopo essersi parzialmente integrato nel nuovo contesto metropolitano, è pronto per partire per una nuova avventura: destinazione Boende, nel bel mezzo della maestosa ed inesplorata foresta equatoriale. I presagi non sono floridi: la sola logistica per giungere ai siti di studio è un’incognita, nulla è certo, si opera “per tentativi” con quell’approssimazione cronica che contraddistingue il modus vivendi locale. Dopo una serie infinita d’imprevisti e di “missunderstanding” , giunge a destino. Come in un film di fantascienza, si trova a fare un salto indietro nel tempo: nel villaggio ci sono solo capanne in paglia e fango, di strade nemmeno a parlarne , l’orizzonte è costellato di alberi altissimi il cui diametro del tronco è largo oltre due metri. L’unica via per spostarsi al fine di effettuare ricognizioni e misurazioni oggetto della sua missione, è quella è la fluviale. La Riviere Tshuapa è un rigoglioso affluente del Fiume Salonga a sua volta immissario dell’immenso bacino idrografico del fiume Congo. Ci si sposta su una piroga in legno lunga circa otto metri e larga uno, spinta da un chiassoso motore diesel che tuttavia permette di accedere in posti indescrivibili: il colore nero delle acque del fiume si congiunge con l’ombra della fittissima vegetazione, la luce solare riesce a farsi largo solo attraverso spifferi luminosi che filtrano sporadicamente tra rami e foglie.
Gli orari di Lavoro sono perfettamente allineati all’alternanza giorno/notte: Si esce alle 6, si rientra alle 18. Dopo aver cenato rigorosamente “alla congolese” (fufu, chenilles, pondu e makayabu), si cerca riposo per ricaricare le batterie, anche perché il villaggio non è servito da corrente elettrica (i più fortunati possono beneficiare di qualche ora di elettricità grazie a l’utilizzo di gruppi elettrogeni). Il giovane ingegnere lavora duro, siamo nel mese d’agosto, vuole a tutti i costi rientrare in patria per le vacanze estive e riabbracciare il mare della sua Salerno, quindi riesce per tempo a portare a termine ogni attività lavorativa oggetto della sua missione. Il viaggio di ritorno a causa di disfunzioni organizzative è un’Odissea: Il piccolo aereo che avrebbe dovuto riportarlo da Boende a Mbandaka non è disponibile per effettuare il viaggio di ritorno. Unica alternativa, utilizzare una piroga in legno, larga 1,20 e lunga 10 metri, motorizzata. Ci sono oltre 400 Km da percorrere, tre fiumi da solcare (Tshuapa, Salonga ed il Fiume Congo). Il viaggio attraverso la foresta equatoriale dura due giorni ed una notte, nessun contatto con il mondo civilizzato, nessuna connessione GSM nè GPS, solo l’acqua torbida del fiume ed il verde carico della fitta vegetazione a fargli compagnia. Anche questa missione, con un po’ di fortuna, termina nel migliore dei modi.
Rientrato, via Mbandaka, a Kinshasa si dedica corpo e mente al lavoro: ci sono i dati dei rilievi idrometrici, topografici e demografici da interpretare al fine di concepire i progetti per l’elettrificazione delle due regioni (Beni e Boende) . Al contempo continua la sua attività istituzionale di promozione del Made in Italy in tutto il continente, visitando in rapida sequenza: Repubblica del Congo (Brazzaville), Gabon (Libreville), Sao Tome e Principe, Cameroun (Yaoundé e Douala) e Kenya (Nairobi), Libia (Tripoli) e Tunisia (Tunisi).
Ultimato con successo l’incarico che gli aveva permesso di avviare la sua avventura professionale non lascia, bensì rilancia, assumendo il controllo della realtà aziendale congolese. Da subito cerca di conferire il taglio che lo contraddistingue alla struttura: efficacia, impegno, ordine, disciplina e dedizione sono le parole d’ordine. Iniziano ad arrivare i primi contratti: forniture nel settore Idraulico, ristrutturazioni edilizie, consulting nel settore Oil&Gas, senza mai trascurare il suo core business (le energie rinnovabili).
L’ingegnere, alla soglia dei 30 anni, acquisisce un’esperienza professionale polisettoriale invidiabile, ha coraggio da vendere ed una motivazione encomiabile, non vuole fermarsi e spinge l’asticella ancora più in alto. Riesce a sottoscrivere contratti prestigiosi, tra i quali: “lo studio di fattibilità concernete la costruzione di una delle pipe line più lunghe al mondo per il convogliamento ed il trasporto di Oil&Gas dai graben della Rifit Valley, attraverso la couvette central in foresta equatoriale sino alla costa atlantica del basso Congo”.
Di seguito assume, per conto della società elettrica di Stato, la direzioni delle attività connesse alla riorganizzazione del programma di dragaggio del canale di adduzione del complesso idroelettrico di Inga, sul Fiume Congo: una delle opere ingegneristiche più imponenti nel continente africano.
Come spesso accade nel cammino di ciascun professionista serio ed ambizioso a causa di alcune incomprensioni, dell’impulso che lo spinge sempre più lontano e di un datore di lavoro dalla visione oramai incompatibile con la sua decide, senza fare una piega, di tagliare il cordone ombelicale e di camminare, anzi correre, da solo. La nascita del suo primo genito, un bellissimo bambino di nome Santhiago, lo responsabilizza e lo inorgoglisce.
La Struttura che crea, oltre all’attività di consulting a 360° per le imprese estere interessate ad investire nella RD Congo e/o in Africa Centrale, ha un’impronta marcatamente ingegneristica: edilizia pubblica e privata, idraulica, energia ed idrocarburi, i principali settori d’attività. Non si limita alla progettazione ma riesce a fornire ai suoi clienti un servizio ‘chiavi in mano’: dalla concezione alla progettazione esecutiva tecnica e finanziaria, giungendo alla costruzione ed alla direzione lavori, sino al managment post-operam. L’ingegnere ha sempre lavorato con professionalità ed impegno. I contratti non tardano ad arrivare. Intraprende progetti in tutto il Paese, dal Kivu al Katanga, passando per il Kasai sino al Bas Congo, inizia ad essere finalmente soddisfatto di quanto esegue: non lo fa più per conto terzi ma per se stesso ed per i suoi clienti….
Il ragazzotto mai pago di sè è cresciuto, magari ha ancora tanto d’apprendere dal punto di vista professionale ma ora è diventato un uomo, sempre e comunque pronto ad intraprendere nuove sfide professionali con l’entusiasmo e la caparbietà che lo hanno sempre contraddistinto.