De Luca basa la decisione – finora unica in Italia – di prorogare al 14 aprile “il divieto di uscire dalla abitazione, residenza, domicilio o dimora nella quale ci si trovi” sui presupposti “di eccezionalità ed urgente necessità nell’adozione di misure precauzionali a tutela della sanità pubblica”.
Quindi, nell’Ordinanza n 23 del 25 marzo diffusa nella tarda serata di mercoledì, spiega: “La situazione sussistente ad oggi sul territorio regionale, quale rappresentata dai report ufficiali dell’Unità di Crisi regionale, registra un numero di contagi, alla data del 24 marzo 2020, pari ad oltre n.1194 unità. Gli studi epidemiologici pervenuti dall’Unità di Crisi dimostrano la sussistenza di un trend di crescita lineare dei pazienti positivi. Con nota prot. 985 di data odierna l’Unità di Crisi ha segnalato che si rende necessario, anche in concomitanza con il ritorno di temperature rigide, protrarre le misure adottate con la ordinanza n.15/2020, al fine di minimizzare la possibilità di ulteriori, probabili, spread diffusivi del virus per almeno ulteriori 20 giorni. Ricorrono, pertanto, le condizioni di estrema necessità ed urgenza che impongono di assicurare, sul territorio regionale, la persistenza delle misure di prevenzione e contenimento del rischio adottate con la ordinanza n.15/2020. Pertanto occorre prorogare il divieto di uscita al di fuori dei casi strettamente indispensabili. Risulta altresì necessario, al fine di non vanificare gli effetti sin qui conseguiti, raccomandare ai Comuni di intensificare il monitoraggio e il controllo sul proprio territorio, assicurando l’intervento della Polizia Municipale nelle zone del territorio comunale ove continui a registrarsi presenza diffusa nelle aree pubbliche o aperte al pubblico”.
I NUMERI – Al momento dell’emissione dell’Ordinanza n. 23 – la sera del 25 marzo – la Campania registrava l’1% dei decessi su base nazionale (74 su 7.503) e il 3.5% dei ricoveri in terapia intensiva (123 su 3.489). La differenza sostanziale con i dati nazionali è nel trend dei contagi che De Luca afferma essere “in crescita lineare” a fronte di una discesa su base nazionale (vedi qui il grafico). Potenzialmente un problema nell’analisi, prospettica, di due altri dati: 1) per la Protezione Civile va in terapia intensiva il 6% circa dei ‘positivi’, dato confermato dalla Unità di Crisi della Regione Campania (123 pazienti in terapia intensiva su 1.194 ‘positivi’); 2) De Luca ha di recente pubblicamente affermato che attende in Campania un picco di tremila ‘positivi’ agli inizi di aprile. Il cui 6% sarebbe pari a 180 pazienti. Nella penultima ordinanza, la numero 22 del 24 marzo (con la quale ha imposto la ‘quarantena’ al Comune di Auletta), il Governatore metteva ‘nero su bianco’ la disponibilità di appena 21 posti-letto liberi in terapia intensiva. Numeri decisamente incompatibili con il trend in crescita dei contagi e con il periodo medio di circa 15 giorni di degenza in terapia intensiva.
LANCIAFIAMME – Il Covid-19 mette allora a nudo la fragilità del sistema sanitario regionale colto indebolito, fiaccato e reso estremamente fragile dalla realizzazione – negli ultimi venti anni su base nazionale – delle logiche aziendalistiche decisamente incompatibili con l’erogazione di servizi sociali. La gestione territoriale ha fatto il resto tanto che solo da qualche mese alla Campania è stato riconosciuta l’uscita da un atavico commissariamento.
De Luca ordina la clausura perché sa che la Campania – da sola – non potrà farcela; ha riconvertito ospedali e predisposto spazi per ospitare i letti ma sa che l’unica via d’uscita “per non contare i morti” e nella massiccia ed incondizionata fornitura esterna di centinaia di ventilatori per terapia intensiva, di decine di migliaia DPI e nell’assunzione di diverse centinaia tra medici e infermieri. Lo dice a suo modo. Con il suo linguaggio brutale e con lettere anche fin troppo ‘politicamente equilibrate’ (rispetto, soprattutto, alle evidenti sbavature nella gestione delle progressive misure nazionali di contenimento) mette le ‘mani avanti’.