Riceviamo e pubblichiamo
di Matteo Lai*
Sprecare significa usare, consumare qualcosa malamente o inutilmente, sperperare, buttar via, sciupare. Oggi parliamo di cibo.
Lo spreco alimentare ha raggiunto una dimensione spaventosa. Un terzo del cibo prodotto nel mondo viene sprecato.
Il modo in cui il cibo viene prodotto, distribuito, consumato e l’intera filiera: tutto va riorganizzato.
Mentre sulla terra il numero di persone colpite dalla fame è in continuo aumento, circa un miliardo tra uomini, donne e bambini soffrono di denutrizione. A fronte di queste cifre, ogni anno vengono sprecate circa 1,3 miliardi di tonnellate di cibo commestibile.
Nel nord del mondo si produce e si acquista troppo cibo, spesso gettato prima ancora che si deteriori. 280-300 chili pro capite all’anno partendo dai campi, passando attraverso la trasformazione e la distribuzione e per finire nelle nostre cucine.
Nel sud del mondo, invece, il cibo si spreca a causa di condizioni climatiche estreme. Ma anche per mancanza di infrastrutture adeguate, di strumenti per la conservazione e il trasporto.
Il cibo si spreca anche per la rivalità di produzione di biocarburanti e di biogas. Grandi le quantità di cereali per alimenti zootecnici con gli alimenti per l’uomo.
Oltre a essere un problema etico, lo spreco comporta una grande pressione sulle risorse naturali, sulla terra e sul clima.
Produrre troppo significa usare più energia e materie prime del necessario.
Il consumo di risorse viene amplificato durante la distribuzione, nelle nostre case e infine nella fase di smaltimento dei rifiuti.
Lo spreco alimentare è responsabile di circa il 5% delle emissioni che causano il riscaldamento globale e del 20% della pressione sulla biodiversità.
Il 30% della terra agricola viene usata per produrre cibo che non arriverà mai al consumo.
L’impronta idrica (ossia il consumo di acqua dolce necessaria per la produzione) dello spreco alimentare è di circa 250 miliardi di metri cubici.
Un sistema alimentare che genera quantità così enormi di sprechi ma allo stesso tempo non è in grado di nutrire tutti gli abitanti del pianeta, non è più accettabile.
Questo consumo in termini ecologici, economici, etici, e culturali è insostenibile. Ed è insostenibile continuare su questa strada: stressando sempre più i terreni che avranno bisogno di sempre maggiore fertilizzazione chimica per non perdere produttività con conseguente aumento di inquinanti.
Non dobbiamo più accettare che tutto questo avvenga senza mettere in discussione lo spreco su cui l’intero sistema si fonda.
Si spreca in tutte le fasi.
Lo spreco alimentare in fase di produzione è il 32% del totale.
Le cause principali sono la raccolta prematura o tardiva per condizioni climatiche sfavorevoli, scarso raccolto o inadeguate tecniche di lavorazione. Ma anche mancanza di infrastrutture di trasporto, scarto dei prodotti non conformi agli standard commerciali, danni estetici.
Lo spreco alimentare in fase di stoccaggio è il 23% del totale.
Le cause principali sono la mancanza di attrezzature di stoccaggio e raffreddamento adeguati, incidenti durante le fasi di carico/scarico.
La restante parte è lo spreco diretto dei consumatori finali tra domestico e ristorazione.
Il cibo si trasforma in rifiuti che richiedono ulteriori risorse per essere gestiti.
È necessaria una grande svolta culturale nella gestione del cibo a ogni livello.
Noi consumatori, a livello domestico possiamo prevenire gli sprechi alimentari con i nostri comportamenti quotidiani. Aver cura del cibo è un atto di civiltà verso noi stessi, verso gli altri e verso il mondo.
Cosa possiamo fare, da consumatori, per non sprecare il cibo? Possiamo e non poco, con consapevolezza e attenzione cambiare le nostre abitudini, adottare piccoli gesti e seguire alcuni consigli.
La prevenzione dello spreco parte al momento dell’acquisto: si esigono solo tagli pregiati di carne e poche specie di pesce, che sono generalmente le più facili da cucinare.
Possiamo pianificare i pasti, scrivere una lista della spesa e non esagerare negli acquisti. Evitare di comprare prodotti non necessari o accumulare riserve alimentari.
Possiamo controllare spesso la dispensa e il frigo per avere un quadro chiaro delle riserve.
Usando un po’ di fantasia, trovare la giusta ricetta per utilizzare quanto si ha nella propria cucina.
Congelare gli avanzi per riutilizzarli. Avere una buona riserva di prodotti secchi da abbinare ai freschi che compreremo in quantità minori e con maggior frequenza.
Anche il cibo si ‘compra con gli occhi’ ma frutta e verdura un po’ deformi sono assolutamente saporiti e sicuri e mantengono il giusto apporto nutrizionale.
Possiamo conservare sempre correttamente ogni alimento. Mantenere in ordine il frigo. Importante è imparare a leggere le etichette: circa la metà di quanto finisce nella spazzatura potrebbe ancora essere consumato senza alcun rischio.
Possiamo usare la nostra forza individuale e collettiva per apportare grandi cambiamenti nelle modalità di coltivazione e produzione del cibo.
È il momento di scegliere e possiamo farlo decidendo cosa mettere sulle nostre tavole: un cibo sostenibile è salute per noi e per il pianeta.
Oggi appaiono tutti ‘buoni’, ‘sostenibili’, ‘protettori dell’ambiente’: tutti lavorano per cambiare e salvare il mondo.
A parole sono tutti bravi. Il punto è: se vogliamo davvero un cambiamento, dobbiamo fare attenzione a come utilizziamo le risorse del pianeta, favorendo la biodiversità e la sostenibilità. Tocca a ognuno di noi scegliere cosa fare!
*Naturalista, fondatore One World