Il recente raddoppio del Canale di Suez, aumentando la capacità di trasporto, ha migliorato la competitività del Mediterraneo alimentandone i flussi commerciali, perché ha reso questa rotta mercantile molto più conveniente rispetto alla circumnavigazione del continente africano per raggiungere il Nord Europa. Le implicazioni di tale rinnovata centralità del Mediterraneo nel sistema marittimo internazionale sono state al centro del convegno “Le prospettive marittime del Mediterraneo, tra Canale di Suez e Via della Seta”, che si è tenuto il 15 febbraio al centro congressi del Terminal Napoli. L’evento, organizzato dall’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centrale in collaborazione con SRM, Centro Studi collegato al Gruppo Intesa Sanpaolo, ha affrontato gli effetti che questa crescita dei traffici può comportare per i porti del sud Italia. Per offrire un contributo di analisi alla discussione, è stato presentato il recente studio di SRM e AlexBank su “L’impatto del nuovo Canale di Suez sui traffici e sulla competitività del Mediterraneo”, con una relazione tenuta da Alessandro Panaro, Responsabile Maritime & Energy di SRM.
Presentando il suo libro “Il futuro del sistema portuale meridionale tra Mediterraneo e Via della Seta”, il Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centrale, Pietro Spirito, ha detto: “Ci troviamo di fronte ad una profonda riorganizzazione dei traffici marittimi internazionali, i cui esiti non sono affatto scontati. Il Mediterraneo può in questa fase contare su una finestra di opportunità competitiva, ma deve essere in grado di consolidarla nel tempo. Serve una strategia, innanzitutto europea, per consolidare le connessioni interne al bacino del Mediterraneo, tra la sponda nord e la sponda sud. Ma è necessario anche che i porti meridionali del nostro Paese siano adeguatamente dotati di infrastrutture moderne, coerenti con le caratteristiche richieste dal mercato”. Nel libro una mappa geopolitica delle grandi trasformazioni che si stanno determinando per effetto del disegno logistico cinese, che sta imprimendo una forte impronta alla relazioni politiche, commerciali e marittime del nostro tempo.
“Le nostre analisi mettono in risalto come il raddoppio del Canale di Suez abbia contribuito in modo importante ad aumentare la centralità del Mediterraneo nell’ambito del commercio mondiale. Le percentuali di crescita a doppia cifra sono dimostrazione che gli armatori privilegiano sempre di più questa rotta nei traffici verso medio ed estremo oriente e che il Canale assolverà a grande snodo della Belt & Road Initiative della Cina. L’aumento dell’indice di competitività marittima – di circa 10 punti – che ha fatto registrare l’Egitto negli ultimi 3 anni è, inoltre, altro esempio lampante che la realizzazione di infrastrutture, in sinergia con un grande progetto industriale, quale è la free zone, può essere un grande generatore di economia” ha dichiarato Massimo Deandreis, Direttore Generale di SRM, che ha preso parte al confronto sui rischi e le opportunità del sistema portuale del Mezzogiorno insieme con Graziano Delrio, Deputato e già Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti; Michele Geraci, Sottosegretario allo Sviluppo Economico; e Adriano Giannola, Presidente SVIMEZ (dibattito moderato da Adriano Albano, RAI-TGR Campania).
SINTESI DELLO STUDIO SRM-ALEXBANK
L’impatto del nuovo Canale di Suez sui traffici marittimi
PREMESSA – Sono trascorsi 3 anni e mezzo dall’Agosto del 2015 quando, in tempi record, è stato inaugurato il Nuovo Canale di Suez. La grande opera infrastrutturale, che si è concretizzata nel raddoppio di una parte del tracciato, ha consentito alle navi di transitare in entrambe le direzioni lungo tutto il percorso e allo stesso tempo di conseguire tre obiettivi: diminuzione dei tempi di transito, aumento del numero dei passaggi e nessun limite alla dimensione delle navi. Lo scopo del governo egiziano, perseguito anche attraverso mirate politiche di marketing, è attirare traffico aumentando la convenienza di passaggio anche per alcune rotte dall’Asia verso la costa orientale degli Stati Uniti che sviluppa(va)no il loro naturale percorso attraverso Panama. Non solo, il governo egiziano non ha posto fine al progetto, ampliandolo e sviluppandolo nella forma di SCZ (Suez Canal Zone) affiancando cioè al Canale vero e proprio una vasta Special Economic Zone in cui attirare capitali esteri per sviluppare attività logistiche, industriali e manifatturiere.
Per valutare l’impatto e la valenza economica che l’espansione di Suez ha avuto sullo shipping nel Mediterraneo, anche in occasione dei 150 anni del Canale, SRM in collaborazione con AlexBank ha realizzato uno studio “The Suez Canal after the expansion: Analysis of the traffic, competitiveness indicators, the challenges of the BRI and the role of the Free Zone”, disponibile sul sito dell’Osservatorio Maritime Economy di SRM
I PRINCIPALI DATI – Il Canale di Suez si conferma uno snodo strategico per i traffici marittimi mondiali mercantili; oltre il 9% del commercio internazionale utilizza questa grande via di passaggio.
La crescita delle merci in transito registra valori importanti, confermata anche nel 2018, anno in cui è stato segnato il doppio record, in termini di numero di navi (oltre 18 mila, +3,6%) e di cargo trasportato (983,4 milioni di tonnellate, +8,2%).
Grazie all’allargamento, nel 2018 la dimensione media delle navi che hanno attraversato il Canale è cresciuta del 12% rispetto al 2014 (anno precedente l’espansione), evidenziando che la nuova infrastruttura sta assecondando le esigenze del gigantismo, fenomeno che riguarda tutte le tipologie di naviglio. Le portacontainer sono le navi più numerose tra quelle che hanno effettuato transiti completi attraverso il Canale di Suez (5.706, +2,5%).
Il traffico merci ammonta a oltre 983 milioni di tonnellate, con un incremento dell’8,2% rispetto al 2017 quando era stato segnato il precedente picco storico. Il nuovo record è stato stabilito grazie alle merci sulle navi che hanno attraversato il canale sia da nord verso sud (524,6 milioni di tonnellate +9,8%), sia da sud a nord (458,8 milioni di tonnellate +6,6%), nuovi record che hanno superato entrambi i precedenti registrati nel 2017.
Container e petrolio costituiscono le principali tipologie di merci in transito, rappresentando il 74% del totale: in particolare i contenitori da soli contano la metà di tutte le merci.
Il Canale di Suez è anche la terza rotta al mondo per il trasporto di petrolio e gas naturale che partono dal Golfo verso l’Europa e il Nord America. Nel 2018 il petrolio greggio e i prodotti derivati e l’LNG rappresentavano rispettivamente il 24% e 3% delle merci transitate.
L’andamento dei traffici mostra, inoltre, che il raddoppio del Canale sta gradualmente cambiando gli assetti mondiali del trasporto marittimo soprattutto lungo la rotta Est-Ovest; negli ultimi 11 anni il traffico dal Sud Est Asiatico verso il Med è aumentato del 37%, dato che va letto insieme con la crescita del traffico da e verso il Golfo (+77%) dove molto interscambio commerciale ha come destinazione finale la Cina.
La presenza della Cina tra le principali aree di origine/destinazione dl cargo in transito nel Mediterraneo spiega la valenza strategica del Canale di Suez in ottica di Belt&Road Initiative (BRI). Sono 113 i Paesi in qualche modo coinvolti da questo progetto, quasi 50 in più di quelli che originariamente ne facevano parte. A partire da Settembre 2017 la Cina aveva già firmato accordi di cooperazione con 74 Paesi. Lo studio prevede che l’ammontare delle risorse finanziarie destinate al progetto raggiungerà 8.000 miliardi di dollari per l’intero periodo dell’investimento.
I Paesi del Nord Africa rappresentano l’area cardine nel quadro della BRI. Su di essi la Cina punta: come area di produzione per i mercati europei; come porta logistica per l’Europa e l’Africa sub-sahariana; come polo energetico per il petrolio, il gas e le energie rinnovabili. L’energia è un settore target per gli investimenti cinesi: nelle previsioni per il 2040 le importazioni di petrolio del Paese dovrebbero aumentare a 12,4 milioni di barili al giorno dai 7,5 nel 2016, mentre le importazioni di LNG quadruplicheranno. Anche se in calo, la quota dei Paesi Mena sulle importazioni di petrolio cinesi è ancora elevata: 65%.
Nella competizione tra i Paesi del Nord Africa nell’attrarre gli investimenti cinesi, giocano a favore alcuni fattori:
1) posizionamento geografico strategico;
2) un ambiente favorevole per il business;
3) stabilità politica.
Ciò considerato, Egitto nel Nord Est Africano e il Marocco nel Nord Ovest sono un passo avanti in questa competizione.
L’implementazione della BRI presumibilmente comporterà un incremento del traffico delle merci con il Mediterraneo dato che vedrà un importante numero di mezzi impiegati per trasportare container per conto del Dragone che sta incrementando le sue relazioni commerciali con l’Europa. Gli importanti impegni che il governo egiziano sta portando avanti da anni, destinati a migliorare la dotazione infrastrutturale del Paese con gli investimenti portuali oltre che nel Nuovo Canale hanno contribuito a migliorare il posizionamento del Paese nel contesto del trasporto marittimo internazionale. Lo studio ha infatti analizzato il LSCI (Liner Shipping Connectivity Index) dell’UNCTAD, un indice che misura la competitività di un sistema portuale e logistico (considera 157 Paesi) sulla base del network e della qualità dei servizi di linea offerti dai porti. Nel 2018, con un indice di 70,3, l’Egitto risulta al 18° posto al mondo (la Cina è al primo), 3° tra i Paesi MENA e 2° tra i Paesi del Sud Mediterraneo. L’espansione del Canale ha contribuito al miglioramento della competitività marittima dell’Egitto dato che nel 2015 l’indice era pari a 61,5.
Lo studio ha inoltre preso in considerazione un altro indice calcolato dall’UNCTAD, il LSBCI (Liner Shipping Bilateral Connectivity Index), che misura il grado di connessioni marittime bilaterali tra Paesi. Esso mostra come l’Egitto abbia le migliori connessioni con Italia, Spagna, Francia, Cina e Malesia. Tra i Paesi MENA è la Turchia.
In quest’ottica, il Canale va sì visto per la sua valenza finanziaria (i ricavi dovuti ai transiti, secondo le stime, dovrebbero attestarsi ad oltre 13,2 miliardi di dollari al 2023), ma anche per quella infrastrutturale e strategica; a ridosso dello stesso, l’Egitto ha previsto un grande piano di investimenti rivolti ad attrarre imprese manifatturiere, logistiche e di servizi, nonché un piano di potenziamento dei porti vicini al canale, affidandone la gestione dei terminal a grandi player. Il progetto denominato SCZ-Suez Canal Zone è molto articolato, con un mix di operatori ed infrastrutture interessate in modo integrato allo sviluppo dell’area. Essa si estende per 461 kmq; è composta da due aree integrate, due aree di sviluppo e quattro porti.
Le due aree integrate sono:
1) Ain Sokhna con Ain Sokhna Port;
2) East Port Said.
Le due aree di sviluppo sono:
1) Qantara West;
2) Ismailia orientale.
I quattro porti sono:
1) West Port Said;
2) Adabiya;
3) Al Tor;
4) Al Arish.
Ogni area integrata e di sviluppo offre opportunità di investimento per le imprese industriali e commerciali, infrastrutture e sviluppo immobiliare, logistica e tecnologie all’avanguardia. Le espansioni portuali progettate aumenteranno, dal canto loro, la capacità di gestire il traffico marittimo e offriranno servizi correlati come la cantieristica navale, lo stivaggio, il bunkeraggio, la demolizione e il riciclaggio di navi.
Tutti gli investitori della SCZone sono assistiti dall’inizio alla fine attraverso un processo economico-sostenibile che semplifica la registrazione, l’ottenimento di licenze e di permessi per la creazione di nuove imprese.
Le aziende che scelgono la SCZ possono fruire ad esempio di:
– possibilità di essere partecipate da una società estera al 100% (non viene imposta partecipazione locale);
– controllo estero al 100% delle attività di importazione/esportazione;
– importazioni esenti da dazi doganali e da imposta sulle vendite;
– dazi doganali sulle esportazioni verso l’Egitto esistenti solo su materie prime importate, non sul prodotto finale;
– servizi di visti rapidi.
Particolarità è rappresentata dal fatto che la percentuale di dipendenti stranieri che lavorano per una società nella SCZone non può superare il 10%, inoltre, non sono previste restrizioni sulle transazioni finanziarie in qualsiasi valuta all’interno della Zona e il 100% dei profitti può essere rimpatriato.
Lo studio realizzato da SRM nelle sue diverse parti mette in risalto che Suez non è solo una via di passaggio strategica per i commerci marittimi mondiali ma rappresenta un modello di sistema portuale che integra aree dedicate alla manifattura industriale ad investimenti in tecnologie. E’ un esempio da cui anche il nostro Paese può mutuare metodologie e strategie anche per le nostre Zone Economiche Speciali e rendere così più competitivo il sistema portuale italiano.