Nel pomeriggio del 19 luglio si presentava in Questura a Livorno, una signora livornese del 1943 , la quale formalizzava una denuncia nei confronti di ignoti affermando che il figlio del 1974 era stato sequestrato e le stavano arrivando sul telefono cellulare continue e pressanti richieste di versare un riscatto.La donna raccontava agli operatori della Polizia di Stato, che il figlio, dedito al consumo di stupefacenti e frequentante ambienti malavitosi, anche in passato era caduto preda di persone prive di scrupoli che avevano estorto a lui e alla stessa donna ingenti somme di denaro, in un’occasione passando alle vie di fatto e causando al figlio gravi danni fisici.Da circa una settimana, secondo il racconto della donna, il figlio sembrava essere ricaduto nella trappola estorsiva di soggetti al momento non identificati che, minacciandolo di morte, lo avevano spinto a rivolgersi alla madre per ottenere denaro contante che la donna, in più circostanze, effettivamente versava.Infine, da circa due giorni, l’uomo non risultava più reperibile mentre all’utenza cellulare dell’anziana iniziavano a pervenire telefonate minacciose da parte di un soggetto che con apparente accento siciliano pretendeva denaro per evitare che fosse fatto del male a suo figlio.
In particolare, nella giornata di ieri, verso le ore 14.30, la denunciante riceveva una telefonata sulla propria utenza nel corso della quale il medesimo uomo, con dialetto apparentemente siciliano, la invitava a ricaricare una carta Poste Pay di euro 700 altrimenti avrebbero prima tagliato un orecchio del figlio e poi gli avrebbero “spezzato le gambe”. Telefonate dello stesso tenore venivano ripetute per tutto il pomeriggio sempre ad opera del medesimo uomo che, ad un certo punto, durante una telefonata le passava il figlio, il quale la implorava di dare ascolto ai sequestratori.
Esasperata e terrorizzata per la situazione la denunciante si determinava a recarsi presso questi Uffici per chiedere aiuto e, nel corso dell’audizione, continuavano a prevenire le dette telefonate che gli operatori potevano ascoltare e in parte registrare in diretta.
Dopo una trattativa intercorsa attraverso ulteriori telefonate minacciose, l’uomo con l’accento siciliano si riservava di far fare al figlio della donna una videochiamata così che la signora si potesse tranquillizzare sulle sue attuali condizioni.
Tale numero risultava, dopo accurate e veloci indagini da parte del personale della squadra mobile della Questura di Livorno, intestato ad un cittadino pakistano del 1984.
Peraltro, nelle giornate precedenti, sul cellulare della denunciante, erano giunte anche alcune chiamate da un numero in chiaro, che in seguito agli accertamenti effettuati risultava intestato ad un transessuale, dedito alla prostituzione, Accertamenti presso le banche dati telefoniche permettevano di identificare il soggetto, nato in Brasile nel 1993. Nel corso della serata, quindi, mentre gli operatori della Squadra Mobile attuavano d’intesa con il Sostituto Procuratore di turno presso la DDA di Firenze l’ipotesi di procedere per il delitto di sequestro di persona a scopo estorsivo – l’intercettazione d’urgenza di tutte le utenze cellulari emerse al momento, la denunciante si accordava definitivamente con l’uomo dall’accento siciliano che, secondo le indicazioni fornite dallo stesso, avrebbe versato la somma di euro 360 in contanti nelle mani del titolare di un Kebab situato in Viareggio. Gli operatori della S. Mobile fornivano alla donna alcune fotocopie a colori di banconote corrispondenti alla detta somma al solo fine di momentaneamente ingannare gli estortori e consentire un intervento del personale operante, mentre veniva disposto un servizio di osservazione nei pressi del Kebab nel frattempo individuato.
Durante l’appostamento gli agenti notavano avvicinarsi al Kebab due persone che risultavano essere il figlio della donna e il transessuale che transitavano più volte davanti al locale, come fossero in attesa di qualcuno e, alla fine, si appostavano nei pressi.Alle ore 23,15 circa, la donna accedeva al locale e consegnava nelle mani del gestore la busta contenente il denaro patteggiato con l’estorsore. Quindi usciva e si allontanava. Pochi istanti dopo, i due uomini accedevano nel locale e gli operatori intervenivano bloccando i due. L’uomo , che posi si scoprirà essere il figlio della donna, aveva ancora in mano la busta con i soldi appena consegnatagli dal titolare del Kebab.
I tre venivano pertanto condotti in Questura, dove l’uomo dichiarava di voler fornire spontanee dichiarazioni, soprattutto in ordine all’estraneità del titolare del kebab, nei fatti accaduti e alla sua piena responsabilità nell’ideazione del piano per estorcere più denaro possibile alla madre. Lui stesso, infatti, dichiarava di essere l’anonimo interlocutore che aveva chiamato la madre e che era riuscito nell’intento contraffacendo la propria voce.
All’esito degli accertamenti svolti, si procedeva pertanto all’arresto in flagranza per il reato di estorsione dei due soggetti sorpresi all’interno del Kebab, mentre veniva indagato in stato di libertà il cittadino Pakistano per il reato di favoreggiamento.
I due arrestati venivano associati alla Casa Circondariale di Livorno a disposizione dell’A.G. procedente.
Simula il suo rapimento per estorcere denaro alla madre 74enne. Arrestato dalla Polizia
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