In un periodo votato alle commemorazioni, laDenuncia.it preferisce ricordare un omicidio storicamente ritenuto ‘minore’ ma che, invece, risulta estremamente esemplificativo del clima che ‘l’altra parte politica’ subiva negli anni un cui lo slogan in voga a sinistra era “Uccidere un Fascista non è reato”.
42 anni fa, il 29 aprile del 1975, moriva Sergio Ramelli. Aveva poco più di 18 anni fu ucciso da alcuni militanti della sinistra estrema appartenenti ad avanguardia operaia. Durante l’aggressione lo colpirono in testa ripetutamente con delle chiavi inglesi da 36. Il giovane milanese aveva la colpa di essere un rappresentante del Fronte della Gioventù l’allora movimento giovanile del MSI. 13 marzo 1975: Ramelli viene aggredito sotto casa. Due persone gli spappolano il cranio a colpi di chiave inglese. Sarebbe morto dopo 47 giorni di agonia. Chi era la vittima e perché fu ucciso con tanta violenza? In che clima era maturato quell’omicidio così bestiale? E chi erano i carnefici: teppisti, killer professionisti, mafiosi? No, studenti universitari di Medicina. Perché uccisero, allora? Forse accecati dall’ira, dalla gelosia o dalla paura? No, neppure conoscevano la loro vittima. Colpirono solo in nome dell’odio politico. Ci vollero dieci anni per assicurarli alla giustizia, ma oggi è finalmente possibile ricostruire tutte le tappe di quella tragica vicenda. Come in un thriller ci si muove tra atti giudiziari, articoli di giornali e testimonianze dirette per scoprire che ad armare la mano degli assassini fu una spietata ideologia, che in Italia aveva – ed ha – importanti complicità, potenti connivenze e forti leve di potere. Ecco perché questa è una storia “che fa ancora paura”. Ramelli, oggi, avrebbe computo 60 anni.
(da www.sergioramelli.it)