“La Basilicata non ha ancora versato la sua quota e, quindi, dovremo farci carico anche della spesa corrente dell’aeroporto…”. La frase, detta stancamente da De Luca a margine di un convegno serale ed al termine di una settimana impegnativa, nella sua intrinseca naturalezza rischia – metaforicamente – di produrre l’effetto di quella ben più celebre del ministro della propaganda DDR Günter Schabowski (“credo anche subito”) data il 9 novembre del 1989 alla domanda del giornalista Ehrman su quando sarebbero state tolte ai tedeschi dell’est le restrizioni di viaggio. Se in Germania quelle parole abbatterono il Muro, queste di De Luca un muro (sul futuro dell’aeroporto) potrebbero alzarlo. Sì, perché i circa 500mila euro che la Basilicata ancora non ha versato al Consorzio servono a garantire la sopravvivenza della Spa di gestione. Come l’acqua nel deserto: il Consorzio, i cui soci sono Regione Campania e Regione Basilicata, partecipa al 100% nella SpA di gestione che, quindi, è costretto a ricapitalizzare ad ogni scadenza. La SpA ha una gestione di circa 2 milioni all’anno. Alla scadenza del 5 aprile 2017 se la Basilicata decidesse di mantenere la linea di intransigenza e quindi di non versare, la Campania dovrebbe assumere questo ulteriore onere finanziario: pena di fallimento della SpA. Onere che sarebbe davvero molto impegnativo visto che, fidandosi dell’impegno di Potenza, la Regione Campania nella propria legge di bilancio aveva pensato di non prevedere nessuna voce di spesa per la gestione dell’aeroporto. Situazione che ne fa emergere un’altra, come in un cesto di ciliegie: a circa 18 mesi dall’impegno formalizzato finanche sul Burc di privatizzare la SpA, nessun atto conseguente è stato prodotto da Palazzo Santa Lucia. Eppure l’apertura al mercato avrebbe potuto permettere ad imprenditori o società interessate di acquisire la gestione dell’aeroporto valorizzando (ed accelerando) gli impegni finanziari del Governo nella definitiva infrastrutturazione dello scalo; privati che avrebbero avuto, peraltro, l’interesse primario ad ottenere la imprescindibile concessione definitiva per cui manca solo la firma del Ministro ai Trasporti ed alle Infrastrutture. Ancora qualche ora, ad esempio, fa Ryanair (che gestisce alcuni aeroporti) mostrava il suo deciso interesse verso Salerno nonostante il massiccio investimento operato su Napoli.
Ricapitolando: l’aeroporto di Salerno è inserito nel Piano nazionale degli Aeroporti quale scalo di rilevanza nazionale; ha intestato un capitolo di finanziamento di 40 milioni nello ‘Sblocca Italia’ e può contare sulla potenziale disponibilità della Regione Campania ad una anticipazione per l’inizio dei lavori di ricostruzione e allungamento della pista (a 2.200 metri). Di contro: non ha il finanziamento della Regione Basilicata con il quale poter garantire la ricapitalizzazione della SpA a cui il Governo dovrà (prima o poi) girare i 40 milioni, né un impegno formale in tal senso della Regione Campania. Se ad aprile la SpA fallisse, scomparirebbe l’interlocutore del Governo e del Ministero (per la concessione definitiva) e tutto il precario equilibrio su cui si poggia un’archiettura che da fuori appare solida, cadrebbe in poche ore. Come il Muro la sera del 9 novembre 1989. Le dimissioni di poche ore fa di Antonio Ferraro dalla presidenza della SpA non sorprendono.