Associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina è l’accusa nei confronti delle quattro persone arrestate dalla Polizia di Stato a Lucca, Montemurlo (Prato) e Tarzo (Treviso), al termine dell’operazione “Promessi sposi”. Gli indagati fanno parte di un’organizzazione specializzata nel combinare matrimoni fittizi tra donne di etnia sinti residenti a Lucca, e giovani kosovari, con lo scopo di aggirare le norme sull’immigrazione clandestina.
Gli arresti sono stati effettuati dalle Squadre mobili di Roma, Prato e Treviso, in collaborazione con il Reparto prevenzione crimine di Firenze e il commissariato di Conegliano Veneto (Treviso). L’attività investigativa ha preso il via da una segnalazione fatta nel novembre 2015 dall’Esperto per la sicurezza in Kosovo del Servizio per la cooperazione internazionale di polizia (Scip) della Criminalpol, nella quale si evidenziava l’attività sospetta relativa ai matrimoni.
Segnalazioni analoghe sono arrivate anche dal comune di Lucca che era stato informato dall’ambasciata italiana di Pristina (Kosovo) in merito ad alcune anomalie notate in relazione a due matrimoni celebrati proprio all’interno dell’ambasciata il 19 ed il 29 ottobre 2015.
In particolare sono state le strane e sospette dichiarazioni delle spose ad attirare l’attenzione dei funzionari dell’ambasciata; le donne avrebbero dichiarato infatti di aver conosciuto i rispettivi coniugi su un sito di incontri online solo due mesi prima del matrimonio e di riuscire a comunicare con loro solo utilizzando i traduttori online.
Sono in tutto dieci i matrimoni finiti sotto la lente d’ingrandimento degli specialisti della Mobile, celebrati tra il 22 luglio 2015 e il 25 febbraio 2016.
L’indagine ha inoltre accertato che una delle spose, all’epoca dei fatti, già conviveva con un ragazzo della stessa etnia con il quale aveva anche avuto un figlio nel febbraio dello stesso anno. Gli investigatori hanno fatto luce sull’attività dell’organizzazione, attiva in Italia e in Kosovo, che utilizzava lo stratagemma dei matrimoni fittizi con l’obiettivo di far avere agli sposi kosovari, il permesso di soggiorno in Italia per motivi di famiglia e in seguito un permesso di dimora in Svizzera.
Per ogni “servizio” di matrimonio l’organizzazione si faceva pagare da 25 a 30mila euro, mentre le spose complici venivano ricompensate con 5-6mila euro.
Il 25 febbraio 2016 gli investigatori hanno documentato tutte le fasi di uno dei finti matrimoni, e quando il 14 marzo dello stesso anno sono iniziate le prime verifiche a carico degli indagati, nessuno dei neo mariti kosovari è stato trovato nelle abitazioni delle coniugi lucchesi.
Alcune delle finte spose stavano in realtà tranquillamente dormendo in compagnia dei loro veri compagni, anch’essi di etnia sinti, e non conoscevano nomi e contatti telefonici dei loro presunti mariti, e la stessa cosa si è verificata durante le perquisizioni svolte al termine dell’indagine.